Immaginate di essere su una nave, pronti a partire per un viaggio importante. Questa nave non porta vacanzieri, ma speranze e opportunità: è la metafora che useremo per il Decreto Flussi 2026-2028. Un nome un po’ difficile, lo so, ma nasconde una notizia molto importante per tante persone che sognano di venire a lavorare in Italia e per le aziende che cercano aiuto.
Questo articolo è la vostra bussola in questo viaggio. Vi spiegherò in modo semplice, cosa significa questo decreto, quali porte apre e come cambierà il modo in cui l’Italia accoglie i lavoratori da fuori Europa. Pronti a salpare?
Il punto di partenza: cos’è il decreto flussi?
Prima di capire le novità, facciamo un passo indietro. Cos’è questo famoso Decreto Flussi? Pensatelo come una specie di “regolamento annuale” che il governo italiano crea per decidere quanti lavoratori stranieri, che non vengono dall’Unione Europea (li chiamiamo lavoratori non comunitari), possono entrare in Italia per lavorare in modo regolare.
È un po’ come stabilire quanti “passeggeri” possono salire sulla nostra “nave Italia” ogni anno per motivi di lavoro. Senza questo decreto, sarebbe molto più difficile e disorganizzato entrare e lavorare legalmente. L’Italia, come sapete, è un Paese che ha bisogno di tante braccia e menti per far funzionare le sue aziende, dall’agricoltura al turismo, dall’edilizia a tanti altri settori. E, a volte, trova difficile reperire tutta la manodopera indispensabile di cui ha bisogno tra i suoi cittadini.
Per questo, il Decreto Flussi è uno strumento fondamentale. Permette un ingresso regolare e controllato, aiutando sia chi cerca lavoro che chi lo offre, e cercando di mettere ordine in un mondo, quello del lavoro e dell’immigrazione, che altrimenti potrebbe diventare confuso e, purtroppo, anche rischioso.
La grande notizia: il decreto flussi 2026-2028 prende forma
Ed eccoci alla notizia che ci interessa oggi! Il 30 giugno 2025, il Consiglio dei Ministri (che è un po’ come il “cervello” del governo italiano) ha fatto un passo avanti molto importante. Ha approvato, in quella che si chiama “esame preliminare”, un nuovo DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri). Non è ancora la versione definitiva, ma è un po’ come se avessero disegnato la mappa del prossimo grande viaggio.
Questo nuovo DPCM non riguarda solo un anno, ma ben tre anni: copre il periodo 2026-2028. È una novità importante, perché di solito il decreto veniva fatto di anno in anno, portando più incertezze. Programmare per tre anni dà più stabilità e permette a tutti – lavoratori, aziende e anche ai Paesi di origine – di organizzarsi meglio. È come avere una rotta chiara per un lungo periodo.
Questo significa che l’Italia sta pensando al futuro, programmando in anticipo l’arrivo di circa mezzo milione di lavoratori che aiuteranno il nostro Paese a crescere e a funzionare meglio. Una decisione di grande peso, che segna una direzione chiara per il prossimo triennio.
Perché questa rotta? Gli obiettivi del nuovo decreto
Ogni viaggio ha un suo scopo, giusto? Anche questo nuovo decreto flussi ha obiettivi ben precisi, e sono davvero importanti per il nostro Paese.
Il primo e più evidente scopo è quello di permettere l’ingresso in Italia di manodopera indispensabile. Immaginate un contadino che ha bisogno di aiuto per raccogliere i frutti, o un albergo che cerca personale per la stagione estiva, ma non trova nessuno. Ecco, il decreto serve proprio a far arrivare quelle persone che, con il loro lavoro, possono far funzionare al meglio il nostro sistema economico e produttivo. Senza queste persone, alcuni settori potrebbero rallentare o bloccarsi del tutto.
Ma non è finita qui. Questo decreto è anche uno strumento potentissimo per combattere le illegalità. Avete presente il contrasto all’irregolarità/lavoro sommerso? Spesso, quando non ci sono canali legali per entrare e lavorare, le persone possono cadere nella trappola del lavoro “in nero”, dove non hanno diritti e vengono sfruttate. Con un meccanismo di immigrazione legale e controllato, si cerca di evitare proprio questo. È come aprire una porta principale, ben illuminata e sicura, per evitare che le persone debbano passare da finestre buie e pericolose.
Inoltre, il decreto serve a costruire ponti. Attivare “canali di comunicazione fondamentali nel dialogo con i Paesi di origine dei flussi migratori” significa che l’Italia vuole parlare e collaborare con i Paesi da cui arrivano i lavoratori. Questo aiuta a gestire meglio gli ingressi, a preparare le persone prima che arrivino e a costruire relazioni più solide e rispettose. È un po’ come mettersi d’accordo con i “porti di partenza” per assicurarsi che il viaggio sia sicuro per tutti.
In sintesi, il decreto flussi 2026-2028 ha una triplice missione: far arrivare lavoratori necessari, combattere il lavoro in nero e lo sfruttamento, e costruire un dialogo costruttivo con i Paesi da cui provengono i futuri “viaggiatori”.
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Quanti posti a bordo? I numeri dei prossimi anni
Ora entriamo nel vivo dei numeri, perché sono quelli che ci danno l’idea della dimensione di questo “viaggio”. Il nuovo decreto flussi 2026-2028 prevede numeri importanti per gli ingressi regolari in Italia.
Per il solo anno 2026, sono stati autorizzati ben 164.850 ingressi. È una cifra significativa, che dimostra la volontà di coprire una parte importante del fabbisogno di manodopera.
Ma la vera novità, come abbiamo detto, è che questo decreto guarda al futuro per ben tre anni. Nell’arco di tutto il triennio 2026-2028, le unità autorizzate saranno quasi mezzo milione: per la precisione, 497.550 persone.
Questo significa che l’Italia si prepara ad accogliere circa 165.000 lavoratori ogni anno per tre anni consecutivi. Un segnale di stabilità e di programmazione a lungo termine che non si vedeva da tempo. Queste quote d’ingresso rappresentano un’opportunità enorme per tantissimi lavoratori non comunitari che cercano un futuro nel nostro Paese, e un aiuto concreto per le nostre imprese.
È come avere un piano di viaggio dettagliato non solo per la prima tappa, ma per tutto il percorso, sapendo esattamente quanti posti ci sono e per che tipo di lavoro.
Due tipi di viaggiatori: lavoro subordinato e lavoro stagionale
Non tutti i viaggiatori sono uguali, e nemmeno tutti i lavoratori. Il decreto flussi 2026-2028 distingue tra due grandi categorie di ingressi, ognuna con le sue specificità e le sue quote.
La prima categoria è quella del lavoro subordinato non stagionale e autonomo. Cosa significa?
- Lavoro subordinato non stagionale: Si tratta di lavori “fissi” o a lungo termine, che non dipendono da una stagione specifica. Pensiamo a un operaio in fabbrica, a una badante, a un addetto alle pulizie, a un muratore. Sono lavori che servono tutto l’anno.
- Lavoro autonomo: In questo caso, la persona non è un dipendente, ma un professionista che svolge un’attività in proprio (ad esempio, un artigiano, un consulente con partita IVA, un piccolo imprenditore).
Per questa categoria di lavoratori, il decreto prevede 230.550 unità nell’arco del triennio. Un numero considerevole, che punta a rafforzare settori cruciali della nostra economia.
La seconda categoria è il lavoro stagionale. Questo tipo di lavoro è legato a periodi specifici dell’anno, quando c’è un picco di richieste. I settori principali sono due:
- Settore agricolo: Pensate alla raccolta della frutta, alla vendemmia, alla semina. L’agricoltura italiana ha un enorme bisogno di braccia in certi mesi dell’anno.
- Settore turistico: Hotel, ristoranti, stabilimenti balneari, agriturismi. Durante la bella stagione, o nei periodi di vacanza (come Natale o Pasqua), il bisogno di personale aumenta vertiginosamente.
Per il lavoro stagionale, il decreto stanzia 267.000 unità per il triennio. Questo è il numero più grande, a dimostrazione di quanto questi settori siano vitali e abbiano un fabbisogno costante di rinforzi temporanei.
Questa distinzione è fondamentale perché permette di calibrare l’offerta di lavoro sulle reali esigenze del mercato italiano, garantendo che i lavoratori arrivino dove c’è più bisogno e quando c’è più bisogno.
Come si decidono i posti? I criteri delle quote
Vi sarete chiesti: ma come fanno a decidere questi numeri, queste famose quote d’ingresso? Non è una cosa fatta a caso. C’è un ragionamento ben preciso dietro, come quando si prepara una ricetta e si misurano gli ingredienti.
Le quote sono state determinate tenendo conto di due aspetti principali, come due ingredienti segreti che rendono la ricetta giusta:
- I fabbisogni espressi dalle parti sociali: Cosa sono le “parti sociali”? Sono le associazioni che rappresentano i datori di lavoro (cioè le aziende) e quelle che rappresentano i lavoratori (i sindacati). Queste associazioni conoscono bene il mercato del lavoro e sanno in quali settori e per quali mestieri c’è più carenza di personale. Sono un po’ come i “rilevatori di necessità” sul campo. Loro hanno fatto presente al governo: “Guarda, qui ci mancano X operai, qui Y agricoltori, qui Z addetti al turismo”. Il governo ha ascoltato queste “richieste di aiuto”.
- Le domande di nulla osta al lavoro effettivamente presentate negli anni scorsi: Questo è un dato pratico e molto importante. Il governo ha guardato quanti datori di lavoro, negli anni passati, hanno effettivamente provato a chiamare lavoratori dall’estero. Questo dimostra un bisogno reale e concreto, non solo una stima. Se tante aziende hanno chiesto di far venire lavoratori stranieri, significa che c’era una vera carenza. È come se avessero contato quante volte i “motori” della nave sono stati accesi per richieste specifiche.
L’obiettivo di usare questi due criteri è quello di avere una programmazione che sia realistica e che recepisca le esigenze delle imprese. In altre parole, si vuole evitare di fissare numeri a caso, ma basarsi su quello che serve davvero al Paese e su quanto è stato richiesto in passato. Così, le quote d’ingresso diventano uno strumento mirato ed efficace per far arrivare proprio la manodopera indispensabile dove è più richiesta, garantendo un ingresso regolare e utile per tutti.
Addio al “Click Day”? Il futuro del sistema di richiesta
Se avete mai provato a seguire le procedure per il decreto flussi negli anni passati, avrete sicuramente sentito parlare del famoso o famigerato “click day“. Cos’è? Immaginatevi una corsa contro il tempo: nel giorno e nell’ora stabiliti, migliaia di datori di lavoro si collegano contemporaneamente a un sito internet per inviare le domande di nulla osta, sperando di essere tra i primi, perché le quote si esauriscono in pochi minuti. Era un po’ come una “corsa al bottone” velocissima.
Questo sistema, se da un lato garantiva che le domande venissero presentate in fretta, dall’altro creava molta frustrazione, stress e incertezza. Tante aziende, pur avendo bisogno di lavoratori, non riuscivano a inviare la domanda in tempo.
Bene, il nuovo decreto flussi 2026-2028 porta una notizia importante su questo fronte: resta ferma la volontà di incentivare gli ingressi fuori quota, anche nella prospettiva di un ridimensionamento del meccanismo del “click day”.
Cosa significa “ingressi fuori quota”? Sono canali speciali che permettono l’ingresso di lavoratori anche senza passare dal sistema delle quote annuali, magari per determinate qualifiche o progetti specifici. Questi canali sono visti come una soluzione più stabile e meno “stressante” del click day.
Il ridimensionamento del click day avverrà in modo graduale. Non sarà un cambiamento da un giorno all’altro, ma un percorso che si concentrerà prima sui profili professionali più ricercati dai datori di lavoro. Questo significa che per le professioni dove c’è più urgenza, si cercheranno modi più fluidi e meno competitivi per far arrivare i lavoratori.
Un altro aspetto fondamentale di questo cambiamento è il potenziamento della formazione dei lavoratori nei Paesi di origine. Invece di far arrivare le persone e poi formarle qui, l’idea è di aiutarle a ottenere le competenze necessarie già nel loro Paese. È un po’ come preparare al meglio i “viaggiatori” prima che salgano a bordo, rendendoli subito operativi e qualificati per il lavoro che andranno a fare in Italia.
Questo cambiamento è un segnale forte di un’Italia che vuole un’immigrazione più programmata, meno caotica e più focalizzata sulle reali esigenze del mercato del lavoro, combattendo al tempo stesso il contrasto all’irregolarità/lavoro sommerso e promuovendo l’ingresso regolare.
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Navigare le acque: cosa significa per i lavoratori e le imprese
Quindi, cosa cambia concretamente con l’approvazione in esame preliminare del DPCM flussi migratori 2026-2028?
Per le imprese italiane che cercano manodopera indispensabile:
- Maggiore stabilità e prevedibilità: Non più solo un anno alla volta, ma un piano triennale. Questo permette di programmare meglio gli investimenti, le assunzioni e le attività, sapendo che ci sarà un flusso costante di lavoratori disponibili.
- Meno stress da “click day”: La prospettiva di un suo superamento graduale significa meno ansia e più opportunità di ottenere i lavoratori di cui si ha bisogno, specialmente per le professioni più richieste.
- Lavoratori più qualificati: L’investimento nella formazione nei Paesi di origine può portare in Italia persone già pronte per il lavoro, riducendo i tempi e i costi di formazione una volta arrivate.
- Dialogo più fluido: La collaborazione con i Paesi d’origine faciliterà tutto il processo, dalla ricerca del lavoratore alla sua integrazione.
Per i lavoratori non comunitari che sognano l’Italia:
- Più opportunità di ingresso regolare: Con circa mezzo milione di posti nei prossimi tre anni, le possibilità di entrare legalmente per lavorare aumentano.
- Chiarezza e programmazione: Sapere in anticipo le quote e le tipologie di lavoro disponibili per un periodo più lungo aiuta a pianificare il proprio futuro con più serenità.
- Meno rischio di irregolarità: L’apertura di canali legali è un baluardo fondamentale nel contrasto all’irregolarità/lavoro sommerso e allo sfruttamento. Chi entra legalmente ha diritti e tutele.
- Possibilità di formazione preventiva: Se il meccanismo della formazione nei Paesi di origine prenderà piede, sarà un vantaggio enorme per chi vuole prepararsi al meglio prima di partire.
In sintesi, il decreto flussi 2026-2028 non è solo un insieme di numeri, ma un segnale di un approccio più strutturato e lungimirante all’immigrazione per motivi di lavoro. Un passo avanti per un’Italia che vuole crescere, in modo ordinato e nel rispetto di tutti.
Domande Frequenti (FAQ): la vostra bussola per i dubbi
Ecco alcune delle domande più comuni che potreste avere riguardo al nuovo Decreto Flussi 2026-2028. Le risposte sono qui per guidarvi!
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, il DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) relativo ai flussi migratori per il triennio 2026-2028. È il primo passo ufficiale per definire le quote d’ingresso dei lavoratori stranieri per i prossimi tre anni.
No, è stato approvato in “esame preliminare”. Significa che è una bozza avanzata, ma dovrà passare altri passaggi burocratici prima di diventare legge definitiva e operativa. Tuttavia, le linee guida e i numeri principali sono già stati stabiliti.
L’obiettivo principale è consentire l’ingresso in Italia di manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale, che altrimenti non sarebbe reperibile. Inoltre, mira a rafforzare i canali di immigrazione legale e controllata per il contrasto all’irregolarità/lavoro sommerso e allo sfruttamento.
Sono previsti quasi 500.000 ingressi totali nell’arco del triennio 2026-2028, per la precisione 497.550 unità. Per il solo 2026, si prevedono 164.850 ingressi autorizzati.
Gli ingressi sono suddivisi in due categorie principali:
- Lavoro stagionale (principalmente nei settori agricolo e turistico): 267.000 unità.
- Lavoro subordinato non stagionale e autonomo: 230.550 unità.
Le quote d’ingresso sono state determinate basandosi sui fabbisogni di manodopera espressi dalle associazioni di categoria (le “parti sociali”) e sul numero di domande di nulla osta al lavoro che sono state effettivamente presentate negli anni precedenti. L’obiettivo è che la programmazione sia realistica e risponda alle vere esigenze delle aziende.
Il decreto esprime la volontà di ridimensionare gradualmente il meccanismo del “click day”, incentivando gli ingressi “fuori quota” e potenziando la formazione dei lavoratori nei Paesi di origine. Non verrà eliminato subito, ma si cercheranno alternative più fluide, specialmente per i profili professionali più richiesti.
No, il decreto flussi è specificamente rivolto ai lavoratori non comunitari, ovvero cittadini provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione Europea. I cittadini europei hanno già la libertà di circolare e lavorare all’interno dell’UE.
Per Maggiori e Aggiornate informazioni in merito al Decreto Flussi dovete seguire il Sito del Ministero del Lavoro.